Tra le nuvole

Ogni tanto arriva, imprevisto, il film che ti inquieta, sarà che va a battere proprio dove in quel momento il dente duole, ma ancor più perché tu sei entrato in sala disarmato, con le difese abbassate, magari anche con l’animo leggero, capita in una di quelle serate in cui avevi voglia di andare al cinema, anche da solo, perché non volevi stare a casa né uscire per bere qualcosa, più che di parlare con qualcuno avevi voglia di ascoltare, o solo voglia di finzione, di farti raccontare una storia. Inoltre il film ti incuriosiva, per quel che poco che ne sapevi: uno che di mestiere licenzia la gente per procura ed è sempre in aereo, con protagonista famoso: George Clooney. Quindi ti intabarri ben bene contro il freddo, arrivi un quarto d’ora prima al cinema, compri il biglietto, esci e ti fumi una cicca, rientri e prendi posto in una sala semivuota da martedì sera cinematografico veneziano. Ci sono film che capisci che sono un bel prodotto già dai titoli di testa, già dalle prime immagini, e le vedute dall’alto con cui inizia Tra le nuvole sono mozzafiato. E poi George Clooney a me piace (a parte il capitolo Canalis: ma perché, diobono, perché stai con la velina da cinepanettone e pure esperta interista a Controcampo solo per il fatto che trombava con Vieri all’epoca, no, dico, stai con una che stava con Bobo Vieri, te l’hanno mai detto, secondo me, no) e anche in questo film fa la sua porca figura come attore. Dalla storia, molto dura perché parla di una brutta bestia, la solitudine, vengo preso alla sprovvista. Il messaggio però è chiaro e positivo: le relazioni umane non sono quel peso di cui, come pensava Ryan Bingham il licenziatore cinico, bisogna sbarazzarsi per raggiungere le proprie mete, ma quelle mete hanno senso solo se c’è qualcuno con cui condividerle. Se ne accorgeva, tardi, il Chris McCandless di Into the Wild. E se ne accorge, tardi, anche Ryan Clooney, imparandone un’altra chissà di lezione, e cioè quella relazione tra risparmio ed errore di cui parlavo proprio qualche post fa, perché quando una persona ha risparmiato tutta la vita, al momento di investire si sbaglierà certamente. Pensoso anche per questa coincidenza, mi dirigo con la testa fra le nuvole verso casa. Siccome non ho cenato e non ho voglia di cucinare una volta arrivato, guardo se è aperta la mia pizza a metro preferita, uno di quei rifugi dall’anomia della città perché lì ti conoscono e ti salutano per nome, cosa che ricambio, poi chiedo due tranci, faccio per tirar fuori i soldi e siccome stanno chiudendo, mi impediscono di pagare. Esco con un sorriso, non per quei quattro euro sparagnati, ma per il gesto gentile e imprevisto, che mi riporta precariamente sulla terra.

* * *

p.s. Prima del film hanno proiettato due trailer, in accostamento davvero infelice: il primo, quello di Baciami ancora di Muccino, proprio repellente, poche volte un trailer mi ha nauseato così tanto, da andare là e prendere a schiaffoni attori e regista e intimare loro di smetterla di fare gli isterici, vai a fare in culo va, Muccino; il secondo, quello di Invictus, di Clint Eastwood, da segnarsi sul calendario il giorno in cui arriva nelle sale e correre a vederlo come per tutti gli ultimi film di quest’uomo strepitoso.

16 Risposte

  1. Piccole epifanie esistono.
    Nulla posso dire del film, che non ho visto (ma condivido il grido d’orrore CheffaiGeorge: Canalis-BoboVieriiiii!!!!!).
    Il finale del post mi ha riportato invece con piacere a qualche giorno fa, quando mi è successo qualcosa di molto simile: ultima tappa mattutina, rientrando a casa, la panetteria, dove anch’io mi sento un po’ in famiglia perchè ci si scambia volentieri due chiacchiere, a volte neanche scontate… Quando già stavo per andarmene, col mio pane, la panettiera serve a una cliente -giovane e da me mai vista prima- una pagnotta alle olive e cipolle. Comincio immediatamente a salivare peggio di un cane pavloviano, e chiedo se ne hanno ancora. “No, mi dispiace, era l’ultima…” Passa un attimo e la ragazza, che già aveva messo in borsa la sua pagnotta, dice che può darmene metà. Neanche bisogno di pizzicotti… inequivocabile. Allora ho detto che no, assolutamente non volevo che se ne privasse; ma lei ha insistito, e intanto ha ritirato fuori il sacchetto con la pagnotta, e l’ha fatta tagliare in due dalla panettiera. Abbiamo pagato ognuna la sua parte, l’ho ringraziata qualche migliaio di volte e le ho assicurato che l’avrei mangiata alla sua salute.
    Non so da quant’è che non arrivavo a casa così contenta; per la serie: inaspettate, preziose parentesi di riconciliazione con la vita.

  2. Sempre più Clint Eastwood mi ricorda un vino che invecchiando continua a migliorare.
    Quanto all’ultimo Muccino, ne ha parlato (male) proprio ieri Leonardo Tondelli:
    http://leonardo.blogspot.com/2010/02/ippopotami-italiani.html

    • D’accordissimo su Eastwood. Variante: un amico scrittore sostiene che bisognerebbe proibire di scrivere romanzi prima dei 40 anni.
      Il post di Leonardo è, come spesso accade, bellissimo, con alcune frasi favolose tipo: “quei registi romani persuasi di ritrarre una generazione attraverso i complementi d’arredo dei salotti”. Devo dire che quando ho visto L’ultimo bacio non mi era dispiaciuto. Ma devo anche dire che rivisto a distanza di tempo, mi ha innervosito moltissimo, come il trailer di quest’ultimo film da cui mi terrò lontano varie miglia.

  3. Confermo il nervosismo provocato da “L’ultimo bacio” rivisto a distanza di anni: quanto urlano in quel film?!
    “Tra le nuvole”, invece, l’ho visto qualche sabato fa. Non sapevo quasi nulla della trama, ma il titolo mi attirava assai. E poi c’era George! Peccato che quel giorno ero particolarmente malinconica. Uscita dal cinema, ahimè, i panifici e le pizzerie al taglio della zona erano già chiusi 😦

    • Già, urlano sempre e detesto la gente isterica. Quello che non si erano urlati allora, probabilmente finiscono di urlarselo ora (il post di Leonardo è la descrizione migliore che si possa fare). Prossima volta vai allo spettacolo prima e poi ti prendi la pizza, oppure ti prendi la pizza e poi vai allo spettacolo. 😉

  4. Purtroppo non ho visto il film con Clooney, che al cinema non sbaglia un colpo. Consiglio “Soul Kitchen” …da schiattare dal ridere e pure una riflessione sul presente.

  5. Io invece consiglio “Il concerto”. La prima parte l’avrei fatta un po’ meno Kustorizzesca (che non mi piace gnente), ma la scena del concerto è stupenda.

  6. Visto pure io “Tra le nuvole”, triste come gli occhi vellutosi di George, malinconico, con una sua speranza/non speranza di fondo.
    Mangiare dopo il cinema è sempre una grande consolazione.
    Anche prima, invero.
    (Ingozzarsi di M&M’s durante il film, però, rasenta forse le vette del sesso).:)))))))
    E i piccoli gesti di gentilezza delle persone ti fanno capire che in fin dei conti, per quanto male le cose a volte possano andare, non è poi così schifida la prospettiva, dai.

  7. @alligatore: Soul kitchen vedo se riesco ancora a beccarlo perché mi incuriosiva.

    @elena: Il concerto invece non mi ispirava molto, ma quella cosa che dici della parte kusturizzesca, per me potrebbe essere un incentivo, di Kusturica alcuni film mi piacciono molto, tipo Il tempo dei gitani e soprattutto Underground.

    @vanessa: Ma tu sei una di quelle che fanno un sacco di casino al cinema con i sacchetti di patatine e schifezze varie? Sì, i piccoli gesti (la gentilezza, l’educazione) sono cose che ti riconciliano con la specie e sì, in fondo la prospettiva non è schifida. 🙂

  8. E stasera ho rivisto “Sulle nuvole” in lingua originale. Sono uscita tristissima dal cinema. Forse che la percezione della solitudine sia più pesante in inglese?

    • No, non credo sia per l’inglese, ma per il principio di identificazione che, ahimè, a volta agisce sulle narrazioni, letterarie o filmiche che siano.

  9. uff… “tra le nuvole” volevo dire. (è che sono ancora triste..)

  10. Uffi, volevo vederlo ieri sera, ma una serie di coincidenze sfortunate me lo hanno impedito e ho dovuto ripiegare su “whatever works”: penso stia una spanna sotto ma credo che faccia il medesimo effetto.

    • Come una spanna sotto? Whatever works mi è piaciuto tantissimissimo, un W. Allen tornato a grandi livelli secondo il mio modesto parere.

  11. Al cinema mi piace mangiare ma di solito sono discreta come un topino…crunch crunch. Le M&Ms crocchiano ma le mangio solo nelle scene di massa, nelle battaglie, etc etc, bandite se il film è intimista e/o svedese, silenzioso, Dardenniano (che lì non parlano mai).:)))))
    La specie gentile è rara ma esiste, un sorriso mi ripaga di trenta calci nel sedere (più o meno…)

  12. ho visto anch’io questo film… e mi ha lasciata con la stessa inquietudine/malinconia di un altro, bellissimo, film che citi nel post, Into the wild.
    sarà principio d’identificazione come dicevi sopra? sì, può darsi… anche se…
    …anche se non mi metterei tanto nella categoria di chi non ha investito, quanto in quella di chi ha investito male! 😛
    ma essendo un’inguaribile ottimista (o un’ingenua speranzosa, se più ti aggrada 😉 )continuo a crederci e a farmi bastare quelle piccole gentilezze, per qualcuno insignificanti, ma che sanno scaldarti dentro e ridarti il sorriso 🙂

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